F A B I O G R A S S I
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Irene Veschi

Irene Veschi

'L’arte è quasi sempre innocua e benefica, non vuole essere altro che illusione. Essa non si azzarda a fare incursioni nella realtà, tranne che in poche persone, le quali sono, come si suol dire “possedute dall’arte”.


Sigmund Freud, “Introduzione alla psicoanalisi”

 

 

 

Non è affatto semplice dare una definizione di un’artista poliedrica e complessa come Irene Veschi. Probabilmente l’aggettivo che meglio di altri la rappresenta è dinamica. Un dinamismo che parte essenzialmente da una visione della vita, vissuta con pienezza ed entusiasmo. Di terra umbra (vive e lavora a Narni), compie i suoi studi prima all’Istituto Statale d’Arte di Terni e poi presso la storica Accademia di Belle Arti 'Pietro Vannucci' di Perugia nel corso di pittura. Una robusta formazione classica permette alla Veschi di confrontarsi con le tecniche del disegno, della pittura e dell’incisione. Sarà estremamente proficua l’incursione nel mondo del cinema in qualità di assistente scenografa e nel ruolo meno convenzionale di costumista per il cinema di animazione in stop motion. Se nel primo caso ha modo di meditare e sperimentare sul set il concetto di finzione insito nell’arte intesa come riproduzione di un dato reale, nel cartone animato potenzia il suo lato più immaginifico. Tutto questo 'vissuto visivo' confluisce nella sua più recente produzione. Tele di grande formato nelle quali il colore può distendersi in ampie campiture o raggrumarsi in brulicanti porzioni compositive. La tecnica dell’acrilico è funzionale agli accenti repentini delle tinte accese che vogliono riportarci alla difficile articolazione di una realtà magmatica, dove tutto è in continuo divenire e in connessione. Le modalità di esecuzione che la Veschi predilige si muovono sul crinale che divide un 'automatismo' di retaggio surrealista da un consapevole controllo estetico “classico”, riconducendoci a quella cultura dell’attraversamento che più di altre forse caratterizza la contemporaneità. I suoni evocati dai dipinti dell’artista umbra sono quelli che scaturiscono dall’emozione generata dalla percezione di un’armonia primigenia, dall’ascolto del proprio battito cardiaco, di quello del proprio figlio e degli altri esseri viventi. Su fondi solo apparentemente monocromatici si snodano forme concave e convesse, linee frastagliate, rette, mistilinee, esplosioni segniche che interrompono l’equilibrio producendo movimento ritmico che misura il trascorrere del tempo e della vita. Le velature si sovrappongono incessantemente, lasciando visibili effetti cromatici di compenetrazione che strizzano ironicamente l’occhio alle ricerche futuriste di Giacomo Balla e all’amato pittore spagnolo Joan Mirò, in modo particolare alla serie delle 'Costellazioni'.

I segni neri a volte calligrafici e più spesso aperti nel gesto della pennellata improvvisa, sembrano generare figurine vagamente antropomorfe o zoomorfe. Il microcosmo di Irene Veschi finisce ineluttabilmente col sovrapporsi con lo spazio infinitamente grande del pensiero e del mistero dell’arte, per una volta avvicinato con animo coraggiosamente puro, leggero e quasi infantile. Ricorre quindi a frammenti di pentagrammi, a diesis, alle chiavi di basso presi in prestito da chissà quale bizzarra partitura musicale. Occhietti sgranati sullo spettacolo del mondo che curiosamente osservano chi osserva il quadro, nel classico gioco intellettuale di rimandi tra artista e fruitore dell’opera. L’occhio è costretto a muoversi costantemente sulla superficie del dipinto, suscitando una partecipazione emotiva simile a quella richiesta dalla musica. Risucchiato dalla potenza dell’immagine, che possiede l’energia di un vortice, lo spettatore prova un senso di vertigine e straniamento: il viaggio all’interno del quadro diventa ineluttabilmente il viaggio all’interno di se stessi, nel tentativo di percepire le molteplicità dei propri stati d’animo e delle proprie sonorità. Il gesto diviene quindi espressione ed interpretazione di una musica interiorizzata. Sovente il suono sembra uscire da calde tonalità alle quali fanno da contrappunto segni che evocano rumori bassi, confusi, secchi e al contempo soavi. In particolar modo nella grafica, la frenetica sovrapposizione delle linee con modalità legate al già citato futurismo, rendono i volumi vibranti e mai chiusi. Le sonorità travolgenti si propagano visivamente nella superficie, traducendosi in una progressione di onde che fondono insieme tutti gli elementi. L’incalzare di sensazioni uditive diverse si tramuta improvvisamente in una sonorità ancora più dirompente: il silenzio. L’assenza di suono di una pausa così come il vuoto in una scultura o in una architettura è legata in modo imprescindibile all’idea di volume e struttura. E’ Irene Veschi stessa che scrivendo del suo lavoro osserva come 'C'è una sottile linea bianca che attraversa la nostra anima, il cui spessore ci indica il divenire dei suoi giorni. Si intreccia, si annulla, cade e si confonde nell'oscurità, mentre ci lascia in un'armonia misteriosa che solo nel suo esistere trova ragione'. 

 

Fabio Grassi.

Irene Veschi. Lacerazioni.tecnica mista.
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© Fabio Grassi