Insegnare arte, un compito importante quello dei professori per educare alla bellezza le generazioni future.
Vi avevamo promesso un confronto diretto con un addetto ai lavori, all’insegnamento in questo caso; ve lo propongo oggi, grazie alla disponibilità di un professore davvero in gamba che si è reso disponibile a chiacchierare con me di arte e didattica e in particolare dell’insegnamento di questa materia alle scuole secondarie
Il nostro ospite è Fabio Grassi, che avete già conosciuto per Donna di Fiori! E sapete come l’ho conosciuto??? Segnalazioni ripetute dai ragazzi, dai suoi allievi! Non potevo lasciarmi sfuggire un’occasione così, quando sono i ragazzi stessi a parlartene… ho dovuto verificare e devo dire che avevano ragione: su tutto!
Non vi rubo altro tempo…leggete la sua intervista!
Arte a scuola: la parola al professor Fabio Grassi!
Iniziamo la nostra intervista curiosando un po’ nella tua carriera scolastica e nelle tue esperienze personali. Come sei approdato al mondo dell’arte e dell’insegnamento? Quali studi ti hanno portato fin qui?
I miei studi artistici sono stati condizionati dalla mia curiosità. Parto dalla tradizione con un diploma d’arte in decorazione pittorica, la frequentazione dello studio di un vero artista come Lin Delija e approdo alla Scenografia, presso l’Accademia di belle Arti di Perugia. In mezzo e dopo tante esperienze, dai costumi per il teatro alle maschere in cartapesta, dall’ affresco alle scenografie di carta per film di animazione in stop motion. Il desiderio di ricercare nuove forme espressive e l’uso di materiali diversi mi giunge proprio dall’arte scenica, tra le arti la più effimera. Questo mondo mi ha educato a non essere legato troppo materialmente alle opere, tutti i miei allestimenti sono andati distrutti o nella migliore delle ipotesi riadattati. Restano i modellini, i bozzetti, le foto di scena o filmati, io li chiamo affettuosamente i “fantasmi”.
Da alcuni anni ho scelto l’insegnamento, in particolar modo di “Arte e Immagine” nelle scuole secondarie.La vivo come una professione estremamente creativa, non subalterna al mio percorso artistico. Ritengo, nonostante le difficoltà che il mondo scolastico sta attraversando da troppi anni, che ho il privilegio di far coincidere la passione con il mestiere. Grazie alla scuola per esempio ho riscoperto una passione mai coltivata a sufficienza: la ceramica. Nelle scuole dove insegno abbiamo fortunatamente dei laboratori attrezzati che qualche dirigente “illuminato” ancora valorizza.
Sei tutti i giorni a contatto con i ragazzi: che percezione hanno dell’arte in generale quando arrivano alla prima media? Quali sono le lacune che incontri più frequentemente?
La faccenda si fa seria allora! Come tutti i miei colleghi somministro delle prove grafiche di ingresso che elaboro prima di organizzare il lavoro annuale. Generalmente emerge un tratto comune a prescindere dalle singole “doti”, la poca attitudine nel rappresentare il dato reale. Lo spazio, la luce, le proporzioni, i colori, sono come “schiacciati” da pesanti stereotipi. I ragazzi ne sono consapevoli, ragion per cui passano quasi sempre la prima lezione a torturare il foglio alternando nervosamente segno di matita e gomma. Il risultato non li soddisfa quasi mai.
Durante le prime lezioni li incoraggio, li invito ad osservare fuori dalla finestra. Hanno il privilegio di vivere in un ambiente bellissimo, dove borghi antichi ancora si rapportano ad un paesaggio armonioso. Insieme vediamo come la corteccia non sia quasi mai marrone, e come non esista “il” verde ma “i” verdi e come i colori si modifichino rispetto alla distanza. A volte prendo un pennarello e traccio direttamente sul vetro della finestra stessa (come fosse un quadro prospettico) la silouette delle montagne e i ragazzi assimilano che quelle a punta non esistono!
Non vieto lo stereotipo ma li invito ad andare oltre, a non disegnare per luoghi comuni. Nel mondo dell’illustrazione o del cartoon certe formule in effetti possono essere addirittura funzionali.
Senza girarci troppo intorno il problema è solo uno: più che insegnare a disegnare, occorrerebbe fornire gli strumenti per saper osservare. Ne giova persino il lessico, arricchito dalle “sfumature” del mondo e la capacità di concentrazione al dettaglio.
Altro discorso meriterebbe l’approccio allo studio della storia dell’arte e dei Beni Culturali in genere. Di solito i ragazzi si entusiasmano…ma io son particolare, inizialmente la presento come una sorta di giallo. L’opera non parla e noi dobbiamo scoprire che cosa è successo attraverso degli indizi, se son bravi troveranno persino chi ha commesso il delitto (l’artista).
Qual’è il rapporto dei ragazzi con l’aspetto materico dell’arte? Conoscono e padroneggiano i diversi materiali?
L’aspetto materico dell’arte è il corpo dell’arte, il suo peso specifico, il resto è idea, anima. Senza scomodare troppo Platone posso affermare che dalla mia esperienza tra quei banchi emerge una affascinazione incredibile rispetto al toccare, allo sporcarsi intenzionalmente. I materiali spesse volte nel mondo scolastico vengono usati in maniera inappropriata, non consentendo il pieno sviluppo espressivo degli stessi. L’esempio più eclatante? La oramai famigerata polverina dei pastelli di legno! Certo, un modo rapido per colorare vaste campiture ma inesorabilmente scialbo. Preferisco un segno impreciso, delle sfumature incerte ma cariche della loro personalità. Inoltre si educa il ragazzo ad usare la parte nobile del colore (la mina) e non gli scarti (i trucioli), con un certo risparmio del materiale ed un approccio alla sana “fatica” insita in ogni lavoro. Nessuna fretta di terminare, i tempi giusti.
Proprio per quanto riguarda lo stereotipo legato anche ai materiali e all’arte contemporanea: se poniamo davanti ai ragazzi una foto ad esempio della “Venere degli stracci” di Pistoletto, che reazione hanno in prima media? Cambia la loro reazione in terza?
Mi viene da sorridere. Qualche settimana fa ho accompagnato i miei allievi (si, allievi. So che si chiamano alunni ma preferisco chiamarli così e loro si divertono, si sentono in una specie di bottega rinascimentale) in visita alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Molti di loro avevano “adottato” un’opera vista solo in catalogo per poi spiegarla ai compagni. Nel nuovo allestimento si passa in maniera molto repentina dalla pittura Metafisica a Lucio Fontana e Alberto Burri: una specie di sommossa! Scandalizzati, turbati, presi in giro da quelle opere. Dopo la contestualizzazione storica, strettamente legata a quelle soluzioni formali, ho invitato due di loro a mettersi accanto ad uno dei primi “Concetti spaziali”, facendo loro notare come i loro jeans strappati fossero molto debitori rispetto ai tagli di fontana e come, nella moda, oramai da decenni siano state “sdoganate” le cuciture a vista (come nei celebri sacchi di Alberto Burri).
La Venere di Pistoletto viene compresa meglio dai ragazzi di terza se la contestualizzano storicamente e necessariamente dovrebbe essere messa in relazione con la celebre “Gioconda con i baffi” di Marcel Duchamp. Il mio approccio non può essere solo emotivo o tematico, la linea del tempo facilita certi passaggi e li rende più accessibili.
Quali obiettivi ti poni con i ragazzi per il triennio? Con quale metodologia li persegui? Ci racconti una lezione tipo?
Domanda complessa, alla quale cercherò di dare una risposta semplice. Il lavoro di insegnante è scientifico, per quanto questo possa risultare curioso. Ogni scelta, ogni strategia, ogni approccio non è improvvisato. Persino la tanto citata libertà di insegnamento, a mio giudizio, termina quando questa non risulta efficace: l’autovalutazione come pane quotidiano.
Dei “macro obiettivi”, sotto i quali ce ne sono tanti altri, potrebbero essere la capacità di vedere-osservare, la produzione e rielaborazione di messaggi visivivi, la conoscenza del patrimonio artistico e il suo rispetto. Ovviamente tutto questo va declinato per i ragazzi con bisogni educativi speciali, secondo tempi, modalità e valutazioni specifici caso per caso.
Lezioni tipo non ne ho, posso dire che recentemente ho recuperato il disegno con il gesso alla lavagna di ardesia, affiancandolo alla lim. C’è ancora il fascino ancestrale del segno materiale tracciato su una superficie e i ragazzi stessi me lo chiedono. Non è ne passatismo ne snobismo. Oramai da più parti, come per il libro cartaceo, si parla di affiancamento più che di sostituzione. La lim consente approcci straordinari, si può fare dalla storia del cinema alla visita virtuale nei Musei Vaticani! Da qualche anno ho nel mio sito personale la pagina “I miei allievi artisti”, nella quale publico le loro opere.
Ogni tanto inizio la lezione con una sorta di sigla, il mio passato nello spettacolo non mi fa dimenticare che i primi minuti sono fondamentali per catturare l’attenzione ed entrare nel clima giusto. Quale introduzione migliore di “Nel blu dipinto di blu” per Marc Chagall o la decisamente surreale” Zebra a pois” per Salvador Dalì?
Trasmettere ai ragazzi valori, conoscenza e sapere attraverso l’arte dei nostri giorni…un obiettivo irraggiungibile?
Direi di no, loro dovrebbero essere più in sintonia con la contemporaneità ma paradossalmente si sentono più rassicurati dall’arte antica e moderna. Cerco di educarli al superamento del soggetto, spesso pretesto per indagare su altro e che l’arte è sempre finzione, anche quando loro esclamano “fico, sembra vero!”. Il problema è che spesso l’arte contemporanea ha scelto volutamente strade impervie, se non volutamente oltre, aldisopra, lontane dalla società. Il prezzo da pagare è altissimo: l’incomunicabilità e gallerie d’arte spesso vuote. Qualche analisi e autocritica andrebbe fatta, ma la cosa sarebbe lunga e forse noiosa. C’è da dire che gli artisti veri arrivano sempre prima se Paul Gauguin dipinge il “Cristo Giallo” nel 1890, esattamente un secolo prima che Matt Groening disegna “I Simpson”.
Ringrazio tantissimo Fabio Grassi, per la sua testimonianza, i suoi consigli e tutto il materiale fotografico che potete trovare, insieme a tanti altri contenuti interessanti, nel sito internet del professore !
SILVIA ANDREOZZI
da www.zebrart.it